inquinamento

“Ambienti indoor, è ora di prestare attenzione a quello che respiriamo”- Intervista ad Andrea Rotta

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Articolo tratto dalla rivista Millionaire, sito web www.millionaire.it

E’ possibile respirare aria sana, pulita e salutare e non ammalarsi più, in casa e ufficio? Secondo un ingegnere esperto in comfort abitativo la risposta è sì.

é diventato il tema più sentito, quello dell’aria che respiriamo all’interno degli ambienti confinati e, a tal proposito, ha qualcosa da raccontare Andrea Rotta, ingegnere e progettista di SMARTHOME: «Abbiamo l’urgenza-emergenza di migliorare l’aria che respiriamo – esordisce- Oggi siamo tutti esperti di alimentazione e di fitness; facciamo molto per far star bene il nostro corpo, ma difficilmente prestiamo attenzione all’aria che respiriamo, soprattutto a quella degli ambienti interni dove trascorriamo più del 95% del tempo della nostra giornata: l’inquinamento indoor è un killer invisibile che uccide l’uomo».

Rotta svolge, da più di vent’anni, la professione di ingegnere nell’ambito della progettazione, costruzione e gestione di impianti di climatizzazione con attenzione allo sviluppo delle energie rinnovabili e risparmio energetico. Nel 2017 ha scritto il libro ” Era meglio fare l’idraulico!” in cui descriveva la difficoltà nell’iniziare a svolgere la libera professione, sempre alla ricerca di un modo migliore di proporre ai clienti soluzioni innovative per vivere il comfort.

Andrea, era davvero meglio fare l’idraulico? Come nasce la tua storia professionale, di che cosa ti occupi nello specifico?

«Sono cresciuto in periferia a Torino, dove prendere la laurea in ingegneria non era scontato. Eppure ho sempre avuto l’obiettivo di poter dare un contributo al pianeta, di fare qualcosa di fattivo per migliorare il contesto in cui viviamo, la salute e il benessere delle persone. In questi anni di ricerca ho creato una rete di partner specializzati e affidabili per promuovere la costruzione di edifici a basso consumo e la riqualificazione energetica del patrimonio esistente, eliminando definitivamente l’utilizzo del gas. un lavoro che ormai è diventato pura passione: ogni singola abitazione, che io chiamo SMARTHOME è realizzata nell’ottica della sostenibilità ambientale che come una goccia nel mare, farà la differenza per il nostro futuro e per quello delle prossime generazioni. Ne ho parlato anche nel mio secondo libro intitolato proprio “SMARTHOME”, pubblicato nel 2019. con i miei libri, tutti scaricabili gratuitamente dal mio sito, spero di dare un contributo e un supporto a chi, come me, si è appassionato alla tematica dell’abitare sostenibile per aiutare le persone a respirare aria sana, pulita e salubre, non ammalarsi più, ed essere felici con le persone che si amano». Cosa possiamo chiedere di più dalla vita?

Nell’ultimo periodo ti sei specializzato nella progettazione del comfort abitativo con particolare attenzione all’inquinamento indoor. Da come nasce questo interesse?

« Se ne parla poco, ma oggi l’inquinamento indoor è almeno 5/6 volte più pericoloso dell’inquinamento che c’è là, fuori dalla finestra: dobbiamo infatti considerare che trascorriamo il 95% della nostra giornata in ambienti chiusi. Nel tempo, per me, parlare di questo tema è diventato sempre più un’urgenza, e pertanto alla fine del 2019 è uscito il mio libro che, non a caso, si chiama “Aria pulita”. E’ stato pubblicato in concomitanza del convegno che ho organizzato ad Aosta sul tema “Sensibilità ambientale e comfort abitativo” che, senza voler auto-elogiarmi, ha avuto un grande successo. Hanno infatti partecipato numerosi relatori e partner specializzati in tematiche legate all’inquinamento indoor, abbiamo riscosso un notevole interesse da parte dei molti medici e autorità presenti in sala».

Poi nei primi mesi del 2020 è iniziata la pandemia, la quale ha sicuramente acceso i riflettori sul tema della santificazione. Da esperto in materia come stai vivendo questa emergenza?

«La pandemia, ha portato i temi da me trattati al centro dell’attenzione mondiale e ha sicuramente accelerato un processo già in atto mettendo in evidenza ancor di più, il tema della salubrità degli ambienti interni. Come tutti gli innovatori io ero già avanti, parlavo di questo argomento da anni. La santificazione era l’up-grade dei miei impianti, che potevo proporre solo a clienti super-attenti alla propria salute e a quella dei familiari. Così, nel 2020, in piena pandemia ho scritto e pubblicato un altro libro, “Come Sanificare”. In quest’ultimo lavoro ho ripreso i temi del comfort abitativo, e parlato della qualità dell’aria. quest’ultima, oltre che sana, pulita e salubre, deve essere anche sanificata: ho cosi descritto le varie metodologie di panificazione attualmente disponibili. A dare conferma dell’importanza del tema anche da un punto di vista scientifico, la prefazione del mio libro, non caso, è stata curata da un medico».

Da quando è iniziata la pandemia è stato venduto di tutto per sanificare l’aria. Come si fa a distinguere un prodotto efficace da un prodotto inutile?

«Si deve partire da un concetto base e cioè che l’aria è invisibile. Non sappiamo cosa respiriamo, ma ce ne accorgiamo quando andiamo a fare una bella gita in montagna e rientriamo la sera sentendoci bene. Non c’è bisogno di spiegazioni: quel sentirsi bene è frutto di aver dato al nostro sangue ossigeno puro e magari se siamo stati vicino ad una cascata anche aria ionizzata. Per capire cosa stiamo respirando possiamo solfare delle misure con strumenti che ci permettono di monitorare l’andamento delle più pericolose sostanze e avere la consapevolezza di voler migliorare. Sui vari prodotti in commercio dobbiamo stare attenti alle sostanza cancerogene che vengono proposte come rimedio universale contro tutti i virus batteri. Nel libro “Come sanificare” ho dedicato spazio a tutti i temi. Lo scopo dei miei libri e del mio lavoro, è indirizzare. Mi propongo come consulente per progettare sistemi innovativi per migliorare la qualità dell’aria nelle abitazioni e negli uffici.

Ma a chi ti rivolgi?

« Quando si parla di inquinamento degli ambienti interni dobbiamo fare un distinguo. E’ vero che è importante migliorare la vita all’interno delle abitazioni, ma è ancora più importante fare azioni all’interno degli ambienti di lavoro, questo anche allo scopo di aumentare la produttività. Un ambiente di lavoro non salubre significa più mal di testa per i dipendenti, più allergie, un maggior numero di malattie. L’aumento della CO2 (anidride carbonica presente nella fase respiratoria) provoca sonnolenza, la formaldeide mal di testa e a lungo andare tumori. Poter dare agli imprenditori soluzioni per migliorare le condizioni dell’aria negli uffici e nei luoghi di lavoro, significa sul lungo periodo aumentare il benessere di chi lo ospita e se una persona sta bene in un posto di lavoro, non vuole più andar via. Si può intervenire su vecchie e nuove costruzioni e questo è il momento di farlo: il covid ha reso tutti molto più sensibili al tema dell’aria che si respira e gli incentivi statali sono il più grande regalo che lo stato poteva farci. A tal proposito, sono ancora molti quelli che non ne conoscono l’esistenza. ».

Vista l’attualità del tema, è facile immaginare che per te questo sia un momento di grande lavoro. Come sei strutturato?

«Sì, stiamo vivendo un momento di lavoro molto intenso. Nella sede dei Aosta siamo in 5 ingegneri, e siamo alla ricerca di nuove figure da inserire nel team e di nuove collaborazioni da sviluppare. Il nostro raggio di azione attuale comprende le province di Aosta, Torino, Milano, Brescia quindi l’idea è di aumentare la nostra presenza in questi territori con partner interessati a specializzarsi nel tema. Siamo sempre presenti alle fiere Maison&Loisir di Aosta e Restructura di Torino proprio per accrescere la nostra rete di collaborazioni».

Ma che tipo di collaborazioni?

«L’idea è di trovare partner e studi di progettazione nel Nord Italia che ci aiutino a divulgare il tema del comfort abitativo negli ambienti interni, e “coltivare” numerosi clienti fidelizzati. E’ importante il dialogo con professionisti allineati sul tema. Un domani, chissà, si potrebbe pensare anche ad un franchising. Sono anche un formatore di rete in Franchising e su diversi temi, quali la fiducia, il marketing, il problem solving. Uno sviluppo in questo senso non è quindi da escludere. Con umiltà, fiducia e una buona autostima si possono fare grandi cose.

INFO www.andrearotta.com

Youtube: Andrea Rotta Ingegnere

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5 Case Attorno al Mondo che Celebrano la Natura, Dentro e Fuori Cas

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1.Immergersi nella vita selvaggia, in Giappone

Dove: Hiroshima, Giappone
Architetto: Makoto Tanijiri e Ai Yoshida di Suppose Design Office

Gli architetti Makoto Tanijiri e Ai Yoshida hanno dotato questa piccola casa di mura trasparenti per integrarla completamente nell’ambiente circostante.
Circondato dalle pareti in acrilico trasparente si trova un open space fluido, le cui zone sono delimitate solo da griglie metalliche curvate e diversi livelli.
«L’idea di questo progetto era quella di sospendere una copertura leggera e sottile su una collina naturale, per creare un luogo dove le persone e gli animali potessero incontrarsi alla sua ombra», spiega Makoto Tanijiri.

Gli ambienti interni sono separati da pannelli metallici che permettono di vedere attraverso. Queste partizioni servono da linee guida per la disposizione dei mobili e per aiutare gli abitanti a mantenere un’atmosfera ordinata. I materiali leggeri e le forme organiche favoriscono una maggiore integrazione con il paesaggio.

Il bagno e i servizi igienici sono parzialmente nascosti sottoterra in modo che i padroni di casa possano avere più privacy grazie a una vista sul nulla, a parte il cielo.
In cucina il piano di lavoro è a livello del terreno esterno – e consente di ammirare i cervi al pascolo durante la preparazione dei pasti!

広島の小屋 - コンテンポラリー - 家の外観 - 他の地域 - SUPPOSE DESIGN OFFICE Co., Ltd. | Houzz (ハウズ)

2. Circondarsi da pareti rocciose, in Australia

Dove:
 Sydney, Australia
Architetto: Richard Cole di Richard Cole Architecture

Non è necessario volgere gli occhi al cielo per trovare l’ispirazione; in alcuni casi può trovarsi – letteralmente – sotto i nostri piedi. Certo, non è il massimo mettere in mostra uno strato di terra argillosa o un terreno sabbioso, ma al contrario la roccia sembra garantire un enorme impatto visivo quando viene utilizzata per costruire o decorare spazi abitativi.

Lo dimostra questa suggestiva abitazione a Waverton, un quartiere di Sydney. Anziché nascondere le fondamenta come qualsiasi altro elemento strutturale, l’architetto ha deciso di trasformarle in un elemento scultoreo che dona personalità all’ambiente interno.

Richard ha impiegato molto tempo per sviluppare un progetto capace di fondere la casa con il terreno del pendio roccioso dove sarebbe stata costruita. «Abbiamo progettato entrambi i livelli dell’edificio in modo da garantire strutture portanti solide, incorporandoli nel pendio come una sorta di caverna e sfruttando le viste panoramiche a sud e ad ovest», spiega. La roccia non fornisce solo le fondamenta, è anche parte degli interni, grazie ad alcune porzioni lasciate allo scoperto nel seminterrato e in uno dei bagni.

Richard Cole Architecture - Home | Facebook

3.Contemplare il cielo tra i boschi vicentini

Dove:Colli Berici, vicino a Vicenza, Italia
Architetto:Traverso-Vighy Architetti

Un rifugio immerso nella natura non deve per forza implicare una casa intera. A molti di noi piacerebbe disporre di un piccolo spazio nel quale poter leggere, ascoltare musica, o ammirare il panorama indisturbati.
Lo studio Traverso-Vighy Architetti ha risposto a questo desiderio realizzando un suggestivo spazio di 9 m² “annegato” nel bosco privato del cliente sui Colli Berici. Il proprietario è un imprenditore in pensione che desiderava una dépendance dedicata al relax nella propria casa vacanze. Il rifugio serve come sala lettura durante il giorno e come osservatorio sulle stelle quando cala il buio.

«La parte più difficile è stata trasportare gli enormi infissi nel bosco e poi installarli», spiega l’architetto Giovanni Traverso. «L’obiettivo era quello di lasciare completamente intatti gli alberi circostanti e costruire un volume di grande fascino, con sufficiente luce naturale in inverno e la giusta ombra durante l’estate».

Il rifugio è abbastanza piccolo, ma le ampie vetrate trasmettono la sensazione di uno spazio più grande dove ci si sente veramente a contatto con la natura. I grandi infissi sembrano sprofondare nel terreno e il vetro raggiunge il livello del suolo, circondando il rifugio lungo tutti i lati – così la vista ravvicinata delle foglie dà l’impressione che gli alberi siano proprio all’interno della stanza!

traverso-vighy Architetti, Alessandra Chemollo · Corte Bertesina · Divisare

4.Mimetizzarsi tra i campi danesi 

Dove: vicino a Skagen, Danimarca
Architetto: Mogens Kassow e Lise Kassow diKassow Arkitekter

Gli architetti hanno adottato il principio di mimetismo tipico della natura fondendo – quasi letteralmente – gli edifici con il paesaggio in un tutt’uno.
Questa casa vicino a Skagen, in Danimarca, progettata dagli architetti Mogens Kassow e Lise Kassow, è un ottimo esempio di come sia possibile attuare tale principio anche in architettura.

L’edificio sembra far parte dell’ambiente circostante: il tetto coperto d’erba e i pannelli in legno scuro rendono l’edificio praticamente invisibile. «È stato indispensabile evitare l’impressione che la casa si trovi in fondo a una cava, poiché qui vi è una depressione del terreno», dice Liza Kassow. «Le tre parti principali dell’abitazione sono distribuite su diversi livelli, e l’edificio sembra essersi sviluppato naturalmente in mezzo a questi campi. Fa una certa impressione: si può stare laggiù nell’ingresso e guardare il cielo e le colline dall’altra parte della casa».

In estate l’erba copre il tetto formando un tappeto di un certo spessore, che cattura il fresco notturno e lo rilascia all’interno durante il giorno, fornendo una protezione dal surriscaldamento quando il clima è molto caldo. Quando arriva l’inverno, l’erba si secca e si trasforma in fieno, che è dotato di proprietà di isolamento termico analoghe a quelle dei materiali sintetici usati di solito a questo scopo. La copertura fornisce quindi protezione termica supplementare, una caratteristica importante nelle zone con climi così rigidi.

Le Case di Houzz: Tetto Erboso e Vista sulle Dune dello Jutland

5.Godere di un biolago in una riserva naturale, in Spagna

Dove: Les Gavarres, Catalogna, Spagna
Architetto: ZEST Architecture

I limiti naturali di un sito e le conseguenti difficoltà progettuali spesso ispirano la ricerca di soluzioni architettoniche ingegnose. Lo studio ZEST Architecture era stato contattato per trasformare un vecchio casale fatiscente in una casa per le vacanze e per i fine settimana di una famiglia con due figli adolescenti. Ma a causa delle normative edilizie applicabili sul territorio di Les Gavarres, una riserva naturale della Catalogna, si doveva restaurare fedelmente l’edificio riportandolo alla sua condizione originaria.

«Volevamo integrare la casa nel paesaggio in misura maggiore rispetto a quanto lo fosse in origine, ma dovevamo intaccare il terreno il meno possibile poiché l’edificio si trova su una riserva naturale. Una soluzione valida era quella di creare un livello intermedio con una piscina: avremmo potuto costruire una piscina senza intraprendere lavori di scavo, lasciando intatto il suolo, e avremmo potuto utilizzare frammenti di ardesia, un materiale abbondante nella zona, per un ulteriore riempimento», racconta Co Govers, il fondatore di Zest Architecture.

«Utilizzando materiali da costruzione simili a quelli originari, come l’ardesia, abbiamo integrato perfettamente la casa con il paesaggio. Questo effetto si nota anche all’interno, grazie al colore grigio-verde dell’intonaco d’argilla che riduce il contrasto tra dentro e fuori».

«La piscina è un biolago, nel quale le piante e la ghiaia filtrano l’acqua», spiega Co Govers. «È abitata da varie specie di fauna selvatica: ci sono un sacco di rane, salamandre e libellule che liberare il bacino d’acqua dalle zanzare durante l’estate, e uccelli che vengono a lavarsi sul bordo a sfioro tutto l’anno. Le acque nere della casa vengono filtrate attraverso un canneto, così possono essere riciclate per l’irrigazione del giardino».

ZEST architecture · Divisare

 

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Come mantenere la casa fresca d’estate senza condizionatore

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Quando ci troviamo a fronteggiare il caldo soffocante della stagione estiva tutti i buoni principi di risparmio economico ed energetico rischiano di venire meno. La tentazione di acquistare immediatamente un condizionatore è davvero forte.

Rinfrescare la propria casa in modo naturale è però possibile e crea condizioni meno traumatiche per il nostro organismo.

E’ possibile utilizzare un ventilatore, che al contrario di quanto possa sembrare non rinfresca l’aria, ma rinfresca noi grazie all’evaporazione del sudore dalla nostra pelle.Consuma 15 volte meno rispetto ad un normale condizionatore, ma se si vuole rinunciare completamente alla tecnologia bisogna seguire alcune regole.

Come Fare 

Come prima cosa è essenziale tenere quanto più chiuse possibili, durante le ore più calde della giornata, tapparellefinestre e porte che danno all’esterno. Nelle prime ore del mattino e alla sera invece, aprirle permetterà ricambio d’aria e l’entrata di aria fresca in casa.

Per proteggere porte e finestre, specialmente dal lato della casa più esposto al sole possono essere utili delle tende da esterno o, se si ha un giardino o un terrazzo, una funzione importante possono svolgere alberi. Utili in questo senso anche piante come ad esempio i rampicanti, che allo stesso tempo contribuiscono a creare anche all’esterno delle zone di ombra in cui poter trovare sollievo dalla calura.

Le attività domestiche che producono calore e vapore vanno evitate, almeno durante le ore centrali. Meglio consumare cibi freschi e crudi, che idratano di più e danno una sensazione di maggiore freschezza. Da evitare l’accensione di forno o fornelli, che può aumentare la temperatura interna dell’abitazione di qualche grado.

Altre fonti di calore interno che vanno evitate sono le luci, soprattutto se le lampadine sono a incandescenza. Meglio quindi passare a quelle a basso consumo o ancora meglio a quelle a LED, da usare comunque per il più breve tempo possibile.

Chi ha piani sotterranei come la taverna è avvantaggiato, in quando l’aria calda tende sempre a salire. Anche nelle giornate più afose sarà quindi possibile trovare un po’ di sollievo ed è comunque preferibile sempre rimanere ai piani più bassi.

materiali all’esterno della casa vanno scelti con cura: cemento, roccia o mattoni esposti al sole mantengono il calore per lungo tempo e a contatto con le mura di casa sono poi in grado di trasmettere all’interno tutto il calore assorbito dall’esterno. Sarà quindi ancora più difficile raffrescare l’aria.

Un intervento permanente e risolutivo può essere la coibentazione dell’edificio: l’isolamento del tetto e delle pareti più esposte può fare veramente la differenza e anche per quest’anno si può usufruire del 65% di detrazione fiscale in quanto lavori di efficientamento energetico.

Per chi deve costruire può essere valutata l’opzione dell’impianto radiale a pavimento. Una serie di tubi in gomma posti sotto il pavimento, che in inverno riscaldano dando un buon confort, oltre a un grande risparmio energetico, e che può prevedere all’interno dei tubi il passaggio di acqua fredda in estate con il relativo raffrescamento dell’ambiente.

 

Contattaci per saperne di più!

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Studentessa trasforma i vecchi vestiti in mattoni termoisolanti – FabbRick

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Si chiama Clarisse Merle, studia architettura e moda ma ha a cuore l’ambiente. Ed è così che le è venuta l’idea di trasformare i vecchi abiti in speciali mattoni sostenibili, capaci di garantire isolamento termico e acustico. Si chiamano FabBRICK e promettono di far riflettere la velocissima industria della moda.

L’idea di Clarisse e dei suoi FabBRICK nasce da un concetto relativamente recente, quello della Slow Fashion, della moda lenta, che si oppone a Fast Fashion  (moda veloce), che si basa sul rinnovo frequente degli abiti, praticamente a ogni cambio di stagione. Lo Slow Fashion inoltre punta a dare priorità alla moda locale, creando un rapporto più duraturo tra il marchio e i consumatori, oltre a favorire una consapevolezza socio-ambientale.  È un tentativo di sensibilizzare l’industria della moda.

Come nasce FabBRICK

Mentre studiava architettura, Clarisse Merlet, fondatrice di FabBRICK, aveva notato che il settore delle costruzioni era molto inquinante e altrettanto energivoro. Decise quindi di trovare un’alternativa che permettesse di costruire in modo diverso e in particolare con l’utilizzo di rifiuti come bottiglie, plastica, scatole di cartone o bicchieri.
Successivamente, Clarisse si rese conto che i tessuti, anch’essi inquinanti – dalla produzione allo smaltimento -, venivano riciclati molto poco, nonostante le loro proprietà interessanti per la costruzione. Basti pensare che il cotone è considerato un ottimo isolante.

Così ha avuto l’idea di dare nuova vita agli abiti scartati trasformandoli in una materia prima innovativa. Sulla base delle caratteristiche dei tessuti di recupero, ha progettato un materiale da costruzione ecologico, di design, sia isolante termico che acustico: FabBRICK

“l’anello di congiunzione virtuoso tra questi due settori dell’edilizia e del tessile” dice Clarisse,

Tale creazione è stata testata e offre la sicurezza di un mattone convenzionale. Il video che segue sotto mostra il processo di trasformazione dei vestiti in mattoni.

 

 

fonti di riferimento: Greenme, Fabbrick.

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Alessandro Gassmann: “Siamo davvero convinti di voler distruggere l’unica casa che abbiamo?”

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Articolo tratto da WiseSociety.it

Ambientalista convinto, fra i green influencer più seguiti in Italia, attore e regista tra i più amati nel nostro Paese, impegnato su molti fronti, diritti civili compresi, spesso anche con prese di posizione “scomode” in grado di fare rumore. Alessandro Gassmann, on air con svariati progetti in tv e sul grande schermo (fra tutti, Non odiare di Mauro Mancini, con cui è candidato come migliore attore protagonista ai Nastri d’Argento, Il silenzio grande, Ritorno al crimine e Pataffio, sempre per il cinema, e Un professore e I bastardi di Pizzofalcone per la tv) ne è convinto: possiamo invertire la rotta. Sul fronte ambiente, perché il pianeta non può più aspettare, ma anche politica e corruzione, per dare un presente e soprattutto un futuro ai nostri giovani.

Alessandro Gassmann

Foto: Riccardo Ghilardi.

Anche quest’anno la Giornata mondiale dell’ambiente pone la questione sull’urgenza, ormai non più procastinabile, di passare dalle parole ai fatti, perché il pianeta non può proprio più aspettare. Cosa possiamo fare, ognuno nel suo piccolo?

Possiamo fare tanto, semplicemente perchè siamo tanti. Se ognuno facesse un gesto anche microscopico, come per esempio raccogliere le sigarette da terra, che inquinano, intasano tombini e arrivano fino al mare, potremmo ottenere risultati importanti. È un po’ su questa convinzione che è nato “Green Heroes”, grazie all’incontro qualche anno fa con Annalisa Corrado, scienziata ed ex eurodeputata, che mi ha introdotto al Kyoto Club, che promuove la transizione ecologica della società. Gli imprenditori che investono nell’economia sostenibile, i cittadini che difendono l’ambiente sono tanti e bisogna far conoscere le loro storie e il loro impegno, perchè è un modo per promuovere fra la gente, a tutti i livelli, una nuova cultura, per far capire alle persone che non si può ormai più prescindere dalla cura dell’ambiente e dall’attenzione ai cambiamenti climatici. Non possiamo più aspettare e dobbiamo cercare di recuperare i danni che abbiamo fatto al pianeta!

Ci rimane poco tempo ormai per invertire una rotta che altrimenti non sarà più possibile invertire. Quale la cosa più urgente da fare?

Premere, uniti, sui governi perché dichiarino finalmente in modo netto e definitivo che la difesa dell’ambiente è una questione centrale e tutto il resto ne è conseguenza perché non abbiamo un altro pianeta e, se continuiamo a distruggerlo, distruggeremo noi stessi.Bisogna innanzitutto rispettare gli accordi di Kyoto sul riscaldamento globale: alcuni paesi si sono allineati in modo netto, penso per esempio ai paesi scandinavi, alla Danimarca che entro il 2030 sarà autonoma dal punto di vista energetico, altri, come l’Italia, meno, sebbene abbiamo molte storie ed esperienze all’avanguardia, che è ciò a cui cerchiamo di dare visibilità tramite Green Heroes.

Cosa ne pensa del Piano nazionale di ripresa e resilienza del Governo?

L’incipit, i propositi, sono stati molto buoni ma, man mano che si esplicitano i sistemi con cui attuarli, beh, diciamo che non è proprio quello che mi aspettavo. D’altronde se la più grande multinazionale che abbiamo in Italia, l’Eni, continua a riservare un’ampia parte del suo business ai combustibili fossili, tanto per fare un esempio, vuol dire che qualcosa non funziona ed è un qualcosa che va contro il futuro dei nostri figli. Questo è solo un esempio ovviamente per dire che da Eni come dal Governo mi aspetterei, vista la situazione, qualcosa di più coraggioso e lungimirante. Capisco che i combustibili fossili, il petrolio, rappresentano la base su cui abbiamo fondato tutto il nostro sistema finora e che è difficile invertire la marcia, ma non possiamo più veramente permetterci di riscaldare ulteriormente il pianeta. E lo dice uno che è pluricolpevole, perché ha da sempre contribuito a riscaldarlo utilizzando per esempio la macchina a benzina o il gas per riscaldare la propria casa, ma spero davvero che in futuro le cose possano cambiare e che anche l’Europa possa spingere l’Italia a rafforzare misure e iniziative che ad oggi nel PNRR mi sembrano piuttosto deboli. Perché, ripeto, ne va del futuro dei nostri ragazzi.

Beh, è noto, che questo non è un Paese per giovani…

Assolutamente sì, purtroppo. Abbiamo fra le più alte percentuali di disoccupazione giovanile e c’è una ereditarietà delle poltrone a volte imbarazzante. In Italia chi nasce povero ha pochissime possibilità di morire ricco perché l’ascesa sociale è praticamente bloccata. I nostri ragazzi sono fortissimi, in gamba, bisogna dargli spazio, fare due, tre passi indietro noi più anziani, e lasciarli lavorare. Sono tecnologici, veloci, sorprendenti e anche molto sfortunati perché a 18 anni si trovano a vivere in un momento storico in cui la visione del futuro non li aiuta. Io ho avuto la fortuna di vivere i miei 18 anni negli anni ’80, dove tutto sembrava possibile: una bella differenza!

I nostri giovani vanno, quindi, aiutati e sostenuti, hanno grandi capacità e sono molto informati. Con i mezzi che hanno a disposizione oggi ed essendo nativi digitali hanno una velocità nell’informarsi e una capacità di accesso a una tale vastitià di dati e informazioni che è davvero incredibile. Sono quindi molto piu forti di noialtri. È una guerra generazionalesempre più evidente che ho avuto modo di toccare con mano ancora di più nella serie tv Un professore (in cui interpreta un docente che utilizza la filosofia come strumento per aiutare i suoi studenti a risolvere i loro problemi quotidiani, ndr), tramite la quale sono venuto in contatto con molti ragazzi. Lo dimostra il fatto che il simbolo di questa lotta generazionale è Greta Thunberg, una ragazzina che quando ha iniziato la sua battaglia aveva 16 anni! Ammiro molto i nostri ragazzi e, nel mio piccolo, li aiuto se posso, e non solo mio figlio, che ha 22 anni.

alessandro gassmann

Alessandro Gassmann è candidato come migliore attore protagonista ai Nastri d’Argento con il film “Non odiare” di Mauro Mancini, uno spaccato sulla società dell’odio che corre anche attraverso i social media, ma anche sul perdono e l’accettazione della diversità tramite il dialogo.

Come Paese siamo indietro anche sul fronte dei diritti civili. Lo dimostrano tutte le polemiche sollevate dal disegno di legge Zan.

Credo innanzitutto sia incredibile che nel 2021 ci sia ancora la necessità di fare una legge per proteggere le persone e le diversità. Le violenze contro donne, omosessuali, stranieri sono all’ordine del giorno e ovviamente non sono tollerabili. Per le persone violente, che più che persone sono “uomini della pietra”, penso ci sia bisogno di regole molto dure perché bisogna avere rispetto per gli altri, per chi non la pensa come noi, perché ognuno è libero di essere se stesso e ognuno deve vedersi riconosciuti i propri diritti, che sia lo Ius soli, per il quale io sono pienamente d’accordo, sia che si tratti di tutto ciò che salvaguardia la dignità umana. Oggi forse c’è anche bisogno di riscoprire un po’ il peso delle parole.

Faccio un esempio: sento sempre più spesso le persone e i giovani, lo vedo anche con mio figlio, dire “ti voglio bene”, subito, anche quando ci si è appena conosciuti. Ma per voler bene veramente a qualcuno non dovresti prima conoscere a fondo una persona? Come puoi dirgli ti voglio bene se a malapena la conosci? Oggi si punta esageratamente sull’immagine e poco sui contenuti, così, anche a livello politico, spesso si vota basandosi sulle foto carine che uno mette sui social e non in base alle idee e ai programmi effettivi!

Il discorso della violenza è indicativo anche di una certa rabbia e di un certo odio sempre più dilaganti nel Paese, un tema che peraltro viene sviscerato nel film Non odiare di Mauro Mancini, con cui lei candidato come migliore attore protagonista ai Nastri d’Argento…

Il tema dell’odio, che circonda la nostra società e che ha portato in passato a cose orribili – pensiamo soltanto al nazifascismo e alla Shoah – non va sottovalutato, a maggior ragione in un mondo come il nostro che attraverso la Rete offre luoghi protetti in cui si può insultare e aizzare le persone senza nessun rischio di essere colpiti. Perché proprio dalla Rete questo odio piano piano si sta riversando nella vita di tutti i giorni. Chi insulta o minaccia le persone sui social, dietro un pc o un telefono, scatena reazioni che in questo Paese possono essere molto pericolose. Nel film si parla di tutto ciò, ma anche di perdono, di comprensione fra persone che la pensano in modo opposto, della necessità di recuperare un approccio più umano, smettendo di urlare e cercando invece di capire meglio l’altro, il diverso da me, per trovare insieme soluzioni ai problemi. La pandemia ci ha allontananti e dobbiamo riavvicinarci l’uno all’altro con un’attenzione e un rispetto maggiori rispetto a prima.

La pandemia ha acuito questo processo in atto secondo lei? Abbiamo forse perso l’opportunità di fermarci e rivedere un po’ le nostre vite e il sistema socio-economico che abbiamo portato avanti negli ultimi decenni?

Sicuramente ha acuito certi processi già in atto e non ci ha insegnato quello che mi auguravo ci insegnasse. Per esempio la riscoperta di un maggiore senso della comunità e del rispetto della cosa comune, su cui l’Italia è un po’ indietro rispetto ad altri paesi. D’altronde dopo oltre 126mila morti c’è ancora gente che se ne frega, c’è gente che ha lucrato su mascherine e altre cose fondamentali per combattere il virus. Purtroppo il problema centrale dell’Italia, e con la pandemia l’abbiamo capito ancora di più, è la corruzione, che è capillarmente presente nel nostro Paese, in tutti i campi e a tutti i livelli.

Come se ne esce?

Con la partecipazione. Non bisogna arrendersi e le persone oneste devono unirsi e spingere verso il cambiamento, rimboccandosi le maniche e rimettendo in campo le nostre qualità migliori, quelle che hanno animato gli italiani alla fine di periodi di grande difficoltà come il Ventennio fascista o il Dopoguerra, perché il nostro popolo, è noto, tira fuori il meglio di sé solo quando è sull’orlo del baratro e non ha più alternative. Forse a questo punto viene da pensare che l’unica soluzione sarebbe un tracollo verticale, perché evidentemente non siamo ancora stati messi abbastanza alla prova e quello della pandemia che stiamo vivendo non è ancora sufficiente per un salto di qualità di questo genere!

Una società saggia da dove dovrebbe ripartire?

Dall’attenzione ai più deboli e dalla scuola, fondamentale in una società. E poi dalla ricerca e dalla presa di coscienza, che deve essere però netta e deve tradursi in azioni concrete a livello individuale come di decisioni strategiche prese dalla politica, che i cambiamenti climatici, se non li risolveremo nel poco tempo che ci è rimasto per invertire la rotta, rappresenteranno l’unico problema che avremo e non ci sarà spazio per tutto il resto. Ci conviene pertanto impegnarci sul serio e in modo netto a questo problema il prima possibile perché siamo già tremendamente in ritardo.

Per di più, e su questo bisogna attuare un salto di qualità a livello culturale, bisogna capire che occuparsi del clima e dell’ambiente, oltre a salvaguardare il pianeta, la nostra unica casa, e garantire un futuro ai nostri figli, è anche molto redditizio. Il cambiamento in chiave ecosostenibile può, infatti, portare molti posti di lavoro e per chi fa impresa la sostenibilità rappresenta una grande possibilità, anche perché chi non si adegua oggi a questo nuovo tipo di approccio si troverà sul mercato in ritardo rispetto a chi avrà invece avviato per tempo un percorso in tal senso.

Vincenzo Petraglia 

per Gentile concessione di WiseSociety